Indicazioni Nazionali nel quadro dell’autonomia scolastica
L'autonomia scolastica, l'apprendimento basato sulle competenze e il nuovo impianto didattico introdotto con le Indicazioni Nazionali hanno cercato di ridisegnare l'istruzione e la formazione. In questo contesto, le sfide per il futuro sono quelle di preparare gli studenti ad un mondo in costante cambiamento e di fornire loro le competenze necessarie per essere cittadini attivi e competenti.
Nel periodo che ha preceduto l’approvazione delle leggi per il decentramento e la riforma della pubblica amministrazione in Italia, si è sviluppato un ampio dibattito a livello europeo riguardante i sistemi di istruzione, formazione e la loro gestione.
Durante questi anni, molti paesi europei stavano stabilizzando il loro panorama politico dopo periodi caratterizzati da frequenti cambi di governo.
Con la fine della divisione Est-Ovest in Europa, si è aperta una nuova fase di costruzione sia dell’Unione Europea sia dell’Unione Monetaria. Questo periodo non è stato privo di difficoltà, in particolare per quanto riguarda la convinzione dei Paesi membri che l’unificazione non avrebbe compromesso la loro sovranità nazionale.
Il Trattato di Maastricht, firmato nel 1992, ha segnato l’inizio di questo processo di integrazione, inizialmente su basi economiche e successivamente anche politiche.
L’Unione Europea è nata come entità politica con una propria identità distintiva. I paesi membri hanno lavorato per armonizzare la normativa relativa al lavoro e alle politiche sociali e hanno condiviso una politica estera e di sicurezza comune. La cittadinanza dell’Unione è stata istituita con il Trattato di Schengen, che dal 1995 ha permesso la libera circolazione dei cittadini all’interno degli stati membri.
In questo contesto, si è sviluppata una riflessione sui cambiamenti che avrebbero influenzato la società basata sulla conoscenza. Il Libro Bianco di Jacques Delors del 1994 e il Libro Bianco di Édith Cresson del 1995 sono stati due documenti chiave in questo processo.
Il Libro Bianco di Delors si è concentrato sulla disoccupazione nei paesi membri dell’UE, esaminando le cause e proponendo strategie per affrontare e prevenire il problema. La soluzione proposta era basata sull’idea di “imparare ad imparare” per tutta la vita, ponendo l’istruzione e la formazione al centro delle politiche attive del lavoro.
La società dell’informazione, promossa dalla tecnologia, ha avuto un impatto significativo su informazione, partecipazione e democrazia. Per essere preparati a questa rivoluzione, era essenziale un’adeguata formazione e preparazione per gestire i processi di generazione, di trasferimento e di valorizzazione della conoscenza.
Il Libro Bianco di Cresson, “Insegnare e Apprendere. Verso la società conoscitiva”, ha affrontato temi simili, sottolineando come i cambiamenti sociali, economici, produttivi e culturali portati dalla globalizzazione e dal progresso tecnologico richiedessero un cambiamento anche nel sistema scolastico. L’istruzione e la formazione dovevano assumere un ruolo strategico nel preparare le persone ad un apprendimento continuo, formare personale qualificato, avvicinare la scuola al mondo dell’impresa, combattere la marginalizzazione e contribuire al reinserimento lavorativo in un mondo del lavoro in evoluzione.
Nel marzo del 2000, il Consiglio Europeo di Lisbona ha posto come obiettivo per l’Europa quello di diventare un’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica.
In Italia, questo contesto ha fornito lo sfondo per gli sforzi di sburocratizzazione della pubblica amministrazione e per il decentramento della gestione, coinvolgendo anche le istituzioni scolastiche in un profondo processo di riforma. La volontà era quella di rendere le scuole più autonome e responsabili, inserendole in un quadro più ampio di cambiamento e innovazione a livello europeo.
In tale contesto, il DPR 275/1999, con il suo Art. 1 c. 2, sancisce l’autonomia delle istituzioni scolastiche, delineando un quadro in cui l’educazione e la formazione hanno come finalità quella di favorire lo sviluppo umano e assicurare il successo formativo. Ciò ha portato ad un cambiamento fondamentale nell’approccio didattico: da un sistema basato sui programmi ministeriali si è passati alla progettazione curriculare a livello di istituto, caratterizzata da una maggiore libertà e flessibilità.
Le Indicazioni Nazionali diventano il punto di riferimento per le scuole, che nell’ambito di queste linee guida elaborano il Piano dell’Offerta Formativa (POF), fondamentale per definire l’identità culturale e progettuale di ciascuna istituzione. Successivamente alla Legge 107 del 2015, il POF è stato trasformato nel Piano Triennale dell’Offerta Formativa (PTOF).
In questo contesto, la progettazione didattica si concretizza nella stesura, condivisione e approvazione di un curricolo verticale e disciplinare, con la scuola che diventa un ambiente di apprendimento dinamico. Secondo l’Art. 1 c. 2 del DPR 275/1999, ogni scuola deve conciliare le finalità del sistema educativo nazionale con le richieste delle famiglie e le caratteristiche degli studenti coinvolti.
La scuola si configura così come una comunità educante, un concetto valorizzato anche nel CCNL Scuola 2015-2018. In questa visione, emergono nuove figure professionali: i dirigenti scolastici, i docenti e il personale ATA, ciascuno con ruoli specifici nell’ambito dell’autonomia scolastica.
La programmazione per competenze diventa un elemento chiave, mirando a sviluppare competenze tecniche e per la vita nei giovani attraverso proposte didattiche innovative. Questo approccio rispetta sia le Indicazioni Nazionali sia il Profilo Educativo e Didattico di Uscita degli Studenti (PECUP), promuovendo un apprendimento continuo in un mondo in rapida evoluzione.
Il tema delle competenze è stato ampiamente dibattuto, soprattutto in contesti globalizzati e digitalizzati, dove l’apprendimento permanente è essenziale. Il Quadro Europeo delle Competenze definisce la competenza come la capacità di applicare conoscenze, abilità e attitudini in contesti lavorativi o di studio.
L’evoluzione del concetto di competenza ha spaziato dalla visione della Scuola di Chicago, che vedeva la competenza come performance, fino agli sviluppi successivi che hanno ampliato la riflessione alla capacità di gestire situazioni professionali complesse. La pedagogia moderna ha arricchito questo dibattito, considerando la competenza come la capacità di affrontare situazioni problematiche nuove con schemi noti e soluzioni creative.
Il DPR 275/1999, la legge n. 53/2003, il D.Lgs n. 59/2009 e il DM n. 139/2007 hanno tutti contribuito ad arricchire il dibattito sulla nozione di competenza, definendo nuovi standard per le certificazioni e valorizzando il processo educativo orientato alle competenze. Le Indicazioni Nazionali del 2012 sono particolarmente rilevanti in questo contesto, stabilendo obiettivi specifici per lo sviluppo delle competenze.
La legge 107 del 2015 e il D.Lgs n. 62/2017 hanno ulteriormente rafforzato l’importanza della valutazione formativa e della certificazione delle competenze.
Il dibattito sulle competenze è tuttora attivo, con un’enfasi crescente sulla necessità di preparare gli studenti ad affrontare con successo un mondo in costante cambiamento.
In definitiva, il riconoscimento dell’autonomia delle istituzioni scolastiche ed il nuovo quadro delineato con le Indicazioni Nazionali propongono una sfida per gli insegnanti e per le istituzioni educative e formative: proporre situazioni didattiche che stimolino lo sviluppo di competenze adattive e creative, superando il tradizionale approccio basato su verifiche e interrogazioni, orientando invece gli studenti verso un apprendimento basato sulle competenze e sulla risoluzione di problemi reali.




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